Das in italienischer Sprache verfasste Urteil 2C_58/2013 vom 11. August 2014 betrifft hauptsächlich das Diskriminierungsverbot des Freizügigkeitsabkommens. Ein italienisches Unternehmen (A.) erteilte einen Unterauftrag an ein anderes Unternehmen mit Sitz in Italien (C.) betreffend Bauarbeiten an einem Hausdach im Kanton Tessin. Anlässlich von Kontrollen auf der Baustelle wurden trotz vorgängiger Abmahnung erneut Verstösse gegen Sicherheitsvorschriften festgestellt. Insbesondere fehlte auf dem Dach ein Seitenschutz, der Dachdecker vor dem Abrutschen schützt. Das Subunternehmen C. wurde deshalb angewiesen, die Arbeiten sofort einzustellen bis die erforderlichen Schutzmassnahmen ergriffen worden sind. Gegen die Unternehmen A. und C. wurden gestützt auf Art. 9 Abs. 2 des Entsendegesetzes Verwaltungssanktionen ausgesprochen. Ihnen wurde zudem während eines Zeitraums von vier Jahren verboten, Dienstleistungen in der Schweiz zu erbringen.
Das Unternehmen A. wehrte sich gegen die Sanktionen und argumentierte insbesondere, es liege eine Diskriminierung im Sinne von Art. 2 des Freizügigkeitsabkommens vor. Arbeitgebergesellschaften mit Sitz in der Schweiz hätten lediglich zu befürchten, dass die Prämien für die Unfallversicherung steigen würden, was einer lediglich finanziellen Sanktion gleichkomme (E. 3.1):
“A parere della ricorrente il fatto che, per la medesima infrazione, il datore di lavoro domiciliato in Svizzera sia punito con un aumento dei premi dell’assicurazione contro gli infortuni (art. 66 OPI), ossia una sanzione di carattere pecuniario, laddove il datore di lavoro la cui situazione è disciplinata dall’Accordo sulla libera circolazione può vedersi interdire di fornire prestazioni sul territorio svizzero per un periodo fino a cinque anni, disattende il principio della parità di trattamento, l’art. 2 ALC e l’art. 5 Allegato I ALC. Il primo disposto convenzionale vieta infatti che i cittadini di una parte contraente che soggiornano legalmente sul territorio di un’altra parte contraente siano oggetto di discriminazione fondata sulla nazionalità, ciò che sarebbe il caso in concreto siccome vige un trattamento differenziato per le imprese svizzere e quelle straniere. Mentre il secondo prevede che solo misure giustificate, tra l’altro, da motivi di ordine pubblico possono limitare i diritti conferiti dall’ALC, motivi tuttavia inesistenti in concreto secondo l’interessata.”
Das Bundesgericht verwarf diese Argumentation und wies darauf hin, dass gegen schweizerische Arbeitgeber bei Verstössen gegen Sicherheits- und Schutzvorschriften nicht nur ein Anstieg der UVG-Prämien verfügt werden könne, sondern namentlich auch Geldstrafen oder ein Ausschluss von Submissionsverfahren (E. 5.3). Zwar seien die Massnahmen und Sanktionen gegen schweizerische Unternehmen nicht vollkommen identisch wie diejenigen gegen ausländische. Die Unterschiede seien jedoch objektiv gerechtfertigt (E. 5.4–5.6):
“5.4. Da quanto precede risulta che diverse misure e sanzioni
(aumento dei premi assicurativi, multe, pene pecuniarie,
esclusione/revoca della commessa) possono essere pronunciate nei
confronti dei datori di lavoro nazionali inadempienti. È vero che i
provvedimenti in questione non sono perfettamente identici a quelli
previsti per i datori di lavoro assoggettati all’Accordo sulla libera
circolazione, siccome questi ultimi possono anche essere colpiti, oltre
che da multe, pene pecuniarie, esclusione/revoca della commessa, anche
da un divieto di offrire i propri servizi in Svizzera per un periodo da
uno a cinque anni, misura che evidentemente non può essere pronunciata
nei confronti di un datore di lavoro o di un’impresa del luogo. Ciò non
vuole ancora dire che quest’ultimo provvedimento, perché non è
applicabile ai datori di lavoro o alle imprese nazionali, non è
ammissibile. In effetti, la Corte di giustizia europea ha già avuto modo
di osservare che quando vi sono delle differenze obiettive tra i
prestatori di servizi stabiliti nello Stato sul cui territorio la
prestazione è effettuata e quelli con sede in uno Stato diverso che
distaccano lavoratori sul territorio del primo Stato al fine di fornirvi
un servizio, in tale caso il fatto che non siano soggetti ad obblighi
strettamente equivalenti è ammissibile fintantoché detti obblighi sono
proporzionati, appaiono cioè idonei a garantire la realizzazione degli
obiettivi perseguiti e non vanno al di là di quanto necessario per il
loro conseguimento (sentenza del 19 dicembre 2012 C‑577/10
Commissione europea c. Regno del Belgio e Regno di Danimarca,
destinata alla pubblicazione nella Raccolta, punti 47 a 49; vedasi anche
Astrid Epiney/Patrizia Zbinden, Arbeitnehmerentsendung und FZA Schweiz -
EG, in Jusletter 31 agosto 2009, n. 54). […]”